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Riflessioni sulle possibili comunicazioni provenienti dallo spazio

In questo articolo ci interesseremo dello stato delle cose per ciò che concerne le comunicazioni provenienti da possibili entità extraterrestri che stiamo cercando di intercettare da almeno 50 anni da quando esiste il SETI. Finora il programma di ricerca non ha individuato nessun segnale radio artificiale proveniente da pianeti della nostra galassia che pur contiene qualche centinaio di miliardi di stelle. Eppure anche nella porzione di galassia a noi più vicina in anni luce ci sono almeno un migliaio di stelle molto simili al Sole. Anche il messaggio radio che abbiamo trasmesso dalla Terra nel 1974 senza dimenticare le placche comunicative impresse sulle sonde Pioneer 10, Pioneer 11 non hanno ricevuto purtroppo nessuna risposta.

Il fisico e divulgatore Jeam Al – Khalili partendo dal presupposto che le leggi della fisica siano le stesse in tutto l’Universo e che uno dei mezzi più semplici per trasmettere informazioni siano le onde elettromagnetiche ritiene ancora del tutto sensato aspettarsi che anche le civiltà aliene avanzate utilizzino o abbiano utilizzato a un certo punto del loro progresso le onde elettromagnetiche. E se così fosse allora lacune di queste onde si sarebbero inevitabilmente disperse nello spazio diffondendosi radialmente nell’Universo alla velocità della luce. A sua volta l’astrobiologo Douglas Vakoch sottolinea che negli ultimi 15 anni abbiamo appreso che ci sono pianeti extrasolari.

Ora sappiamo che quasi tutte le stelle hanno pianeti: circa una su cinque probabilmente ha un pianeta simile alla terra in una zona abitabile. Le affermazioni di Vakoch chiaramente fanno tesoro anche nell’equazione dell’astronomo Franke Drake che già negli anni 60 del secolo scorso enunciò una formula matematiche per stabilire quante civiltà extraterrestri potessero esistere sulla scorta della ricerca di segnali radio della nostra galassia. Tuttavia i segnali extraterrestri che viaggiano alla velocità della luce possono impiegare secoli o millenni per raggiungere i destinatari. Quindi secondo Vacok la comunicazione interstellare può considerarsi una trasmissione a senso unico di informazioni, soprattutto se esse provengono da civiltà che potrebbero già essersi estinte, senza dimenticare che il più grande ostacolo alla ricezione di messaggi provenienti da altrove, potrebbe anche essere la mancanza di una tecnologia ancora da scoprire in grado di ricevere questi segnali, riconoscerli come tali e infine decodificarli. A loro volta il professore d’ingegneria Cristopher Rose e l’astrofisico Gregory Reich hanno suggerito di accantonare del tutto le trasmissioni elettromagnetiche per l’inevitabile dispersione e riduzione della potenza del segnale sulla distanza di poche decine di anni luce. I due studiosi hanno consigliato di utilizzare sonde interstellari contenenti informazioni per cercare il contatto con gli extraterrestri, poiché ritengono sia un mezzo di comunicazione più efficiente anche dal punto di vista energetico. Rose ha affermato che se la fretta non è importante, l’invio di messaggi iscritti in qualche materiale può essere sorprendetemene più efficiente della comunicazione tramite onde elettroniche.

Williams Edmondson (ricercatore di interazioni tra uomo e computer), ritiene che gli extraterrestri potrebbero monitorare l’ambiente in cui vivono usando sensori per registrare stimoli esterni, come pressione atmosferica pressione acustica e radiazione elettromagnetica. Edmondson suggerisce che la biofisica sensoriale degli esseri alieni sia funzionalmente equivalente alla nostra, pertanto tali esseri saranno in grado di percepire il mondo o almeno parte dei dati spettrali disponibili perché la fisica e la chimica dell’universo è uniforme. Pertanto è plausibile supporre che la biochimica terrestre sia essenzialmente universale. Per Edmondson l’uso di sistemi basati su simbolo suoni o linguaggi terrestri nei messaggi SETI non sarebbe per niente efficace poiché richiederebbe da parte degli alieni un approccio culturale contestualizzato. Probabilmente per tale studioso l’unico modo di comunicare con forme extraterrestri potrebbe essere la trasmissione di immagini che contengono attività o materiale concettuale che non richiede interpretazioni sequenziali. L’archeologia e l’antropologia secondo l’intervento di alcuni autori possono fornire parallelismi affascinanti.

Per esempio l’antropologo Ben Finney e lo storico Jerry Bentley suggeriscono di trovare indizi per la decodifica di messaggi extraterrestri vagliando i tentativi o soprattutto le difficoltà incontrate nel cercare di decifrare le lingue morte dei nostri antenati. Non sarà per niente semplice poiché non avremo sicuramente a disposizione una “stele di Rosetta” a facilitarci il compito. Forse si potrà comprendere il messaggio alieno nelle parti in cui è contenuto un qualche codice riconducibile alla matematica e all’astronomia, ma sarà certamente impossibile capire l’aspetto culturale che la civiltà aliena voleva comunicare. L’esempio più significativo è senz’altro la decodifica dei geroglifici Maya, che è possibile per la parte del messaggio contenente informazioni scientifiche, ma un po’ meno per l’idea che tali segni dovevano preservare per i posteri . Secondo Finney e Bentley può essere utile alla causa anche analizzare come sia avvenuta la trasmissione della conoscenza dall’antica Grecia all’Europa durante il Medioevo. L’archeologa Katrin Denning non è per niente convinta che le metodologie crittografiche archeologiche e in genere le discipline scientifiche ma anche umanistiche da sole possano venire impiegate col successo nell’interpretazione di messaggi interstellari . Tuttavia sostiene che possibili analogie linguistiche per comprendere un messaggio alieno vadano ricercate in quelle lingue terrestri ancora da decifrare come ad esempio la Lineare A .

I fallimenti indicano uno spazio in cui possiamo imparare informazioni che dobbiamo acquisire teorie che dobbiamo costruire e ipotesi che dobbiamo identificare e scartare, ma per la decodifica suggerisce Denning servirà senz’altro l’aiuto dell’intelligenza artificiale . Per l’archeologo Paul Wasong la sua brance potrebbe contribuire significativamente per determinare se il segnale dallo spazio vada inteso veramente come un mezzo di comunicazione e se è davvero una manifestazione proveniente da un’intelligenza extraterrestre. Wasom sulla scorta della sua esperienza aggiunge che potremmo pure dare un senso generale all’ipotetico messaggio. Tuttavia Wasom ritiene che sarà impossibile comprendere il significato preciso di tale messaggio come avviene d’altronde per i problemi di interpretazione dei sistemi simbolici, in cui spesso i segni si trovano a interagire in una relazione arbitraria con le idee che vogliono rappresentare . Per Wasom l’archeologia non è sempre riuscita nei suoi sforzi . Peggio ancora non è sempre possibile stabilire se i ricercatori siano sulla buona strada .

Per fare un esempio consideriamo l’arte rupestre paleolitica dell’ Europa meridionale che è stata studiata per più di un secolo. Molte teorie sono state offerte in merito al significato di questi dipinti, ma su questo punto non c’è accordo sul loro significato o sul perché siano stati dipinti e così via. Quindi la domanda è la seguente: quale speranze abbiamo di comunicare con entità aliene, se facciamo fatica a comprendere le immagini simboliche prodotte in Europa 12000 anni fa dai membri della nostra stessa specie? Come suggerito dallo studio dell’arte rupestre se riusciamo a riconoscere qualcosa come il prodotto del comportamento simbolico abbiamo già imparato molto senza avere la minima idea di cosa significano i simboli .

Ciò potrebbe anche valere per i messaggi interstellari provenienti da entità aliene. Infatti se scoprissimo l’esistenza di specie aliene capaci di attività intelligente di alto livello, avremmo già acquisito una conoscenza molto importante . Infatti nel momento che stabiliremo che tali entità aliene stanno cercando di comunicare con noi, avremo acquisito una importante conoscenza anche se non forse non saremo in grado di decifrare il significato preciso di tale messaggio. La giornalista Lavinia Pallotta a sua volta, ci ricorda un intervento in un programma radiofonico dello scienziato Tesen Oking, che pur favorevole alla colonizzazione dello spazio, era decisamente contrario a un contatto con civiltà aliene. Lo scienziato infatti mette in guardia dal cercare un contatto con altre specie intelligenti dal momento che a suo parere il contatto con entità aliene potrebbe avere conseguenze simili a quelle che si verificarono quando gli europei giunsero nelle Americhe, dove per i nativi non fini certamente bene.

Per concludere il nostro discorso vogliamo mettere in evidenza che esistono degli autori e scienziati che pensano che non sia prudente mandare messaggi interstellari per far sapere ad entità aliene che esiste la nostra civiltà terrestre. Infatti secondo queste opinioni, tali messaggi interstellari potrebbero giungere a dei veri e propri conquistatori interstellari che potrebbero decidere di invadere il nostro pianeta e di sterminare il genere umano. Al contrario esistono altri valutazioni che ritengono un fatto positivo mandare messaggi interstellari ad entità aliene perché ritengono che il contatto con tali creature extraterrestri potrebbe essere molto positivo per il genere umano. Detto ciò riteniamo concluso al momento il nostro breve discorso sulle comunicazioni interstellari.

Prof. Giovanni Pellegrino