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Metano su Marte: vita aliena?

Risale alla fine di Settmebre 2019 una notizia molto eclatante in termini di ricerca di vita aliena nell’universo: su Marte è stata confermata la presenza di metano.

Dopo numerosi anni in cui la comunità scientifica si è trovata spesso in contrasto nell’affermare che su Marte ci sia del metano o meno, nel Settembre di questo anno (2019) è arrivata la conferma definitiva: su Marte è stato rilevato del metano in concetrazione variabile non solo nel tempo, ma anche da luogo a luogo in prossimità della superficie (anche a livello del suolo marziano).

Una parte della superficie di Marte vista dallo spazio.

In realtà la scoperta di metano nell’atmosfera di Marte risale al lontano 1969, grazie all’utilizzo di un sofisticato strumento: lo spettrometro infrarosso (IRS, InfraRed Spectrometer) della sonda Mariner 7.
L’importanza di questa notizia è dovuta al fatto che il metano è stato registrato in concentrazione variabile ciclicamente, infatti quanto detto se inserito all’interno del particolare contesto marziano potrebbe indicare direttamente la presenza di forme di vita che siano in grado di fornire un approvvigionamento di metano continuo nel tempo, perché altrimenti le forti radiazioni ultraviolette e gli energetici raggi cosmici a cui sono sottoposte le molecole dell’atmosfera marziana (tra le quali appunto, anche la molecola del metano) sarebbero distrutte nell’arco di relativamente “poco” tempo (si stima che il metano per essere distrutto dalla radiazione, su Marte, impieghi circa 300 anni) e quindi queste molecole non sarebbero più rilevabili nelle quantità attualmente rilevate con la nostra strumentazione.

Tipica concentrazione di metano nell’atmosfera marziana rilevata durante l’estate nell’emisfero nord (NASA).

Parliamo ora del perché si possa affermare che, finalmente, abbiamo avuto la conferma della presenza di metano su Marte in concentrazione variabile.

Nell’ambito scientifico, quando vengono presi dei dati in contesti diversi dal laboratorio e quando questi dati portano ad una scoperta si usa avere più conferme da diversi strumenti che siano in grado di fornire gli stessi risultati, onde evitare errori sistematici o comunque insiti nella strumentazione o nella procedura di misura.
Nel caso in esame gli strumenti utilizzati per la scoperta di metano in concentrazione variabile sono due strumenti diversi, a bordo di due apparecchi diversi: il rover Curiosity che fa parte della più ampia missione Mars Science Laboratory (NASA) e il satellite Trace Gas Orbiter che costituisce uno dei moduli fondamentali della missione ExoMars dell’ESA (European Space Agency).

Intorno alla fine di Giugno 2019, Curiosity, che attualmente non si trova più all’interno del cratere marziano Gale (luogo del suo “ammartaggio”) ha registrato dei picchi di metano (si parla di un picco di addirittura 21 ppbv, parti per miliardo di volume), che si pensano avere origine dal suolo, e contemporaneamente il satellite europeo Trace Gas Orbiter ha registrato dei picchi di metano in atmosfera, proprio nella zona sovrastante e intorno al rover Curiosity.
Dato quindi che due apparecchi così diversi, uno un rover e l’altro un satellite, con strumentazioni altrettanto diverse siano riusciti a misurare gli stessi dati (all’interno delle incertezze ovviamente) rimangono pochi dubbi sul fatto che su Marte ci sia del metano o meno.
Ma lo stupore non finisce quì, infatti su Marte, il rover Curiosity ha registrato negli anni 2013-2014 delle variazioni stagionali nella concentrazione di metano nell’atmosfera marziana.
Vorrei quindi ricordare una cosa molto importante: i picchi di metano registrati in atmosfera con cadenza stagionale rappresentano un’altra prova a sostegno dell’ipotesi che la fonte di metano sia o un qualche tipo di batterio o delle reazioni chimiche tra acqua e olivina, un particolare tipo di roccia presente anche su Marte oltre che sulla Terra.

Andamento stagionale dei picchi di metano registrati a cavallo di tre anni marziani.

La comunità scientifica nella ricerca di una spiegazione plausibile all’origine di questi picchi di metano ha formulato varie ipotesi, tra le quali si pensa che le più probabili siano la presenza di batteri metanogeni e di processi geologici (tuttavia questa seconda ipotesi, nonostante sia tra le due più accreditate, non risulta compatibile con il fatto che Marte è considerabile come un pianeta geologicamente morto).

Il metano, in un contesto come quello marziano, potrebbe quindi rappresentare a tutti gli effeti una “biofirma”, ovvero in questo caso una sostanza che indicherebbe la presenza di esseri viventi.
Attualmente si ritiene che questi batteri si possano trovare solo ad una certa profondità nel terreno (di almeno 1 m) perché altrimenti le forti radiazioni molto probabilmente uccidrebbero ogni forma di vita presente che si trovi in luoghi non sufficientemente schermati.
Infatti, per avere una adeguata scheramtura dalle radiazioni sufficiente a preservare una forma di vita basterebbe trovarsi ad uno o più metri al di sotto della superficie marziana.

A sinistra Marte, sulla destra dei batteri.

Quando avremo la conferma definitiva della scoperta di forme di vita extraterrestre su Marte legate alla presenza di metano?

Purtroppo ci sarà da aspettare ancora un po’: infatti il rover Curiosity attualmente non dispone di strumentazioni in grado di perforare il suolo marziano al di sotto del metro e di estrarre dei campioni di suolo per effettuarvi un’analisi.
La conferma definitiva dell’ eventuale presenza di forme di vita extraterrestri su Marte potrebbe arrivarci proprio nel 2020, anno in cui la Nasa e l’Esa farranno “ammartare” due rover (quello della Nasa si chiamerà “Mars 2020 rover” e quello dell’Esa si chiamerà Rosalind Franklin) in grado di prelevare dei campioni del suolo (che poi verrebbero rispediti sulla Terra per analisi approfondite).